1. Oltre a trattare le tematiche dello storicismo, mette in pratica le sue concezioni filosofiche facendo da precettore a Nerone
2. Realizza l'utopia platonica del filosofo al potere
3. Vita
3.1. Nasce in Spagna nel 4 a.C. da una famiglia equestre
3.2. Va a Roma per frequentare scuole di retorica e filosofia
3.3. Nel 31 d.C. inizia attività forense e carriera politica
3.4. Resta in esilio in Corsica finché non è chiamato da Claudio a fare da precettore a Nerone
3.5. Accompagna Nerone nell'ascesa al trono, di fatto guida lo stato
3.6. Nel 65, morto Burro e con Nerone nelle mani di Poppea, si ritira a vita privata
3.7. Coinvolto nella congiura di Pistone, condannato a morte da Nerone, si suicida
4. Stile delle opere filosofiche
4.1. Il fine della filosofia è giovare al perfezionamento interiore, per cui il filosofo deve badare alle res, le parole ricercate si giustificano solo se per la loro efficacia espressiva servono a fissare nell'animo un precetto
4.2. A fronte di un programma di stile inlaboratus et facilis la prosa filosofica senecana è elaborata, tesa e complessa, com ricerca di effetti ed espressioni concisamente epigrammatiche
4.3. Seneca rifiuta la compatta architettura classica del periodo ciceroniano, che voleva mostrare la gerarchia logica e la verità dell'argomentazione nella disposizione delle frasi
4.4. Prevale la paratassi: i concetti sono giustapposti in brevi frasi indipenenti
4.5. Per riprodurre la lingua parlata frantuma l'impianto del pensiero in frasi aguzze e sentenziose, collegate con antitesi eripetizione
4.6. Questa prosa nasce dalla retorica ariana e dalla predicazione dei filosofi cinici
4.6.1. Parallelismi, opposizioni, ripetizioni, trasmette nervose e staccate, sfaccettano un'idea secondo tutte le angolazioni possibili, in una formulazione sempre più concisa, fino all'espressione epigrammatica
4.7. Seneca usa lo stile aguzzo e penetrante per sondare i segreti dell'animo umano e le sue contraddizioni, per parlare al cuore degli uomini ed esortare al bene
4.8. Stile antitetico e conflittuale, drammatico, che eterna i toni sommessi della meditazione interiore a quelli vibranti della predicazione
4.8.1. Riflette le spinte che animano la filosofia senecana, tesa tra ricerca della libertà dell'io e liberazione dell'umanità
5. Opere
5.1. Dialogi
5.1.1. Il titolo non implica la forma dialogica, viene dalla tradizione del dialogo filosofico
5.1.2. Sono trattati brevi d questioni etiche e psicologiche
5.1.3. Trattazioni autonome di aspetti o problemi particolari dell'etica stoica
5.1.4. Consolationes
5.1.4.1. 3 scritti rivolti a destinatari precisi per consolari della perdita di una persona cara
5.1.4.2. Trattano tematiche di valenza generale
5.1.4.3. Il genere viene dalla tradizione filosofica greca, da cui Seneca prende un repertorio fisso di temi morali
5.1.4.4. Consolatio ad Marciam
5.1.4.4.1. Scritta sotto il principato di Caligola
5.1.4.4.2. Per consolare la figlia dello storico Cremuzio Cordo della morte di un figlio
5.1.4.5. Ad Helviam matrem
5.1.4.5.1. Scritta durante l'esilio in Corsica
5.1.4.5.2. Per tranquillizzare la madre sulla condizione del figlio esule
5.1.4.5.3. Esalta i vantaggi di isolamento e otium contemplativo
5.1.4.6. Ad Polybium
5.1.4.6.1. Per consolare il liberto di Claudio della perdita di un fratello
5.1.4.6.2. Tentativo di anulare l'imperatore per ottenere il ritorno a Roma
5.1.5. De ira
5.1.5.1. Fenomenologia delle passioni umane, di cui analizzano meccanismi d'origine e modi per inibirle e dominarle
5.1.5.2. Dedicato al fratello Novato
5.1.6. De vita beata
5.1.6.1. Dedicato sempre al fratello Novato
5.1.6.2. Sul problema della felicità e sul ruolo che nel suo perseguimento svolgono agi e ricchezze
5.1.6.3. Fronteggia le accuse di incoerenza tra principi processati e patrimonio accumulato con la sua posizione a corte
5.1.6.4. La felicità è nella virtù (non nel piacere come per gli epicureici) ma la ricchezza è legittima se funzionale alla ricerca della virtù
5.1.6.5. Seneca resta estraneo al fascino del modello cinico, pericolosamente asociale: chi spira alla sapienti deve sopportare gli agi senza lasciarsene invischiare
5.1.7. Trilogia sull'imperturbabilità del saggio stoico
5.1.7.1. Dedicata all'amico Sereno, che lascia l'epicureismo per lo stoicismo
5.1.7.2. De constantia sapientis
5.1.7.2.1. Esalta l'imperturbabilità del saggio storico che oppone la sua interiore fermezza a ingiurie e avversità
5.1.7.3. De tranquillitate animi
5.1.7.3.1. Sulla partecipazione del saggio alla vita politica: trova una mediazione tra otium contemplativo e impegno del civis romano in un comportamento flessibile, secondo le condizioni politiche
5.1.7.3.2. Sottraendosi al tedio di una vita solitaria e agli obblighi della tumultuosa vita cittadina, bisogna tenere alla serenità di un'anima che giovi agli altri, se non con l'impegno politico con esempio e parola
5.1.7.4. De otio
5.1.7.4.1. La situazione politica compromessa non lascia al saggio altra scelta che una vita appartata, in solitudine contemplativa, di cui si esaltano i pregi
5.1.8. De brevitate vita
5.1.8.1. Scritto tra il 49 e il 52
5.1.8.2. Dedicato a Paolino, prefetto dell'annona
5.1.8.3. Sul tempo, la sua fugacità, la vita che sembra breve se non si sa afferrarne l'essenza, se viene dispersa in occupazioni futili
5.1.9. De providentia
5.1.9.1. Dedicato a Lucilio
5.1.9.2. Sulla contraddizione tra progetto provvidenziale che secondo la dottrina storica presiede alle attività umane e constatazione di una sorte che sembra premiare i malvagi e punire gli onesti
5.1.9.3. Le avversità che colpiscono chi non le merita attestano la volontà divina di mettere alla prova i buoni ed esercitarne l virtù
5.1.9.4. Il sapiens stoico realizza la sua natura razionale nel riconoscere il posto che gli è assegnato nell'ordine cosmico governato dal logos e nell'adeguarvisi
5.2. De beneficiis
5.2.1. Opera filosofica
5.2.2. Sulla natura e le modalità degli atti di beneficienza, il legame tra benefattore e beneficiato, i doveri di gratitudine, le conseguenze morali che colpiscono gli ingrati
5.2.3. Beneficio come elemento coesivo dei rapporti interni all'organismo sociale
5.2.4. Sposta sul piano della morale individuale il progetto di società equilibrata e concorde prima fondata sull'utopia di una monarchia illuminata
5.2.5. Appello alle classi privilegiate ai doveri di filantropia e liberalità, per instaurare rapporti sociali più umani e cordiali, in sostituzione al progetto utopistico
5.3. De clementia
5.3.1. Opera filosfica
5.3.2. Esposizione più compiuta della sua concezione del potere
5.3.3. Dedicato all'imperatore Nerone negli anni 55-56 come traccia di un ideale programma politico ispirato a equità e moderazione
5.3.4. Non mette in discussione la legittimità del principato: è il potere più conforme alla concezione stoica di ordine cosmico governato dal logos, il più adatto a rappresentare l'universo cosmopolita, a simboleggiare l'unione dei popoli dell'impero; inoltre ormai si è imposto nei fatti
5.3.5. Il problema è avere un buon sovrano: solo la sua coscienza può trattenerlo dal governare in modo tirannico
5.3.6. Con la clemenza, atteggiamento di filantropica benevolenza, il sovrano dovrà ottenere consenso e dedizione dei sudditi, massima garanzia di stabilità di uno stato
5.3.7. È fondamentale l'educazione del principe, la funzione della filosofia come garante e ispiratrice della direzione politica dello stato, formatrice morale del sovrano e dell'élite politica
5.3.8. Mosso dell'impulso ai doveri sociali e lontano dal rifiuto alla collaborazione col princeps come acquiescenza al suo dispotismo, spera in un'equilibrata distribuzione del potere tra sovrano moderato e senato salvaguardato nei suoi diritti di libertà e dignità aristocratica
5.3.9. La degenerazione del governo neroniano mostra i limiti del progetto, la filosofia Seneca deve ridefinire i suoi compiti, allentando i legami con la civitas e accentuando l'impegno sulle coscienze dei singoli: senza ruolo politico, il saggio si mette a servizio dell'umanità
5.4. Epistulae morales ad Lucilium
5.4.1. Opera principale della sua produzione tarda
5.4.2. Raccolta di lettere di vari estensioni e argomenti indirizzate all'amico Lucilio
5.4.3. Non è chiaro se si tratti di un epistolario reale o fittizio
5.4.4. L'opera ci è giunta incompleta
5.4.5. Risale all'inizio del periodo di disimpegno politico: 62-63
5.4.6. È un unicum nel panorama letterario e filosofico antico
5.4.7. Seneca è consapevole e orgoglioso di introdurre nella letteratura Latina un genere nuovo, che distingue dalla comune pratica epistolare, anche illustre
5.4.8. Prende a modello Epicuro, che nelle lettere agli amici realizza il rapporto di formazione ed educazione spirituale che Seneca istituisce con Lucilio
5.4.9. Strumento di crescita morale, diario delle conquiste dello spirito, itinerario verso la sapientia
5.4.10. Riprendendo un topos dell'epistolografia antica, afferma che lo scambio epistolare permette di creare con l'amico un'intimità che con l'esempio di vita è più efficace dell'insegnamento dottrinale
5.4.11. Vicina alla realtà, la lettera si presta alla pratica quotidiana della filosofia: proponendo di volta in volta temi semplici, di apprendimento immediato, accompagna e scandisce le tappe verso il perfezionamento interiore
5.4.12. Ogni lettera finisce con una sentenzia: un aforisma su cui meditare
5.4.13. Secondo un procedimento della scuola epicurea, Seneca usa l'epistola come strumento ideale per la prima fase della direzione spirituale, basata sull'acquisizione di principi basilari, cui segue il ricorso a strumenti di conoscenza più impegnativi e complessi
5.4.13.1. Col procedere dell'epistolario le lettere si assimilano al trattato filosofico
5.4.14. Più che a dimostrare una verità la lettera tende a invitare al bene
5.4.15. È appropriato per una filosofia priva di sistematicità, incline alla trattazione di aspetti parziali o singoli temi etici
5.4.15.1. Gli argomenti, suggeriti dall'esperienza quotidiana, sono vari, ma ricondotti alle tematiche della tradizione diatribica
5.4.15.1.1. Norme cui il saggio informa la sua vita, indipendenza e autosufficienza, indifferenza alle seduzioni mondane, disprezzo per le opinioni correnti
5.4.16. Col tono cordiale di chi non si atteggia a maestro ma ricerca la via per la saggezza, mai del tutto raggiungibile, propone una vita indirizzata a raccoglimento e meditazione, perfezionamento interiore con la riflessione su debolezze e vizi
5.4.17. Considerando la condizione umana che accomuna tutti i viventi condanna il trattamento degli schiavi, pur restando in un'etica aristocratica e disprezzando le masse popolari abbrutite dagli spettacoli del circo
5.4.18. Crescono insieme il distacco da mondo e passioni col fascino della vita appartata e l'assurgere dell'otium a valore supremo, come ricerca del bene
5.4.18.1. Le conquiste dello spirito giovano a tutti, le Epistole possono esercitare un influsso benefico sulla posterità
5.4.19. La conquista della libertà interiore è l'obiettivo del saggio stoico, con la meditazione quotidiana della morte, a cui guarda con mente Serena come al simbolo della sua indipendenza dal mondo
5.5. Naturales quaestiones
5.5.1. Opera scientifica in sette libri
5.5.2. Dedicate a Lucilio
5.5.3. Ultima opera scientifica rimastaci
5.5.4. Trattano di fenomeni naturali e celesti
5.5.5. Sono il frutto di un lavoro di compilazione da svariate fonti
5.5.6. Costituiscono il supporto fisico all'impianto filosofico senecano
5.6. Tragedie cothurnate
5.6.1. 9 tragedie di soggetto mitologico greco
5.6.2. Prende a modello Sofocle ed Euripide (età greca classica) forse con intermediari latini di età repubblicana
5.6.3. Usa la contaminatio, ispirandosi anche a più modelli per una tragedia
5.6.4. Uniche tragedie latine pervenuteci in forma non frammentaria
5.6.5. Documento della ripresa del teatro tragico latino, dopo i tentativi della politica augustea di promuovere la rinascita dell'attività teatrale
5.6.6. Produzione del Thyestes di Vario nel 29 d.C.
5.6.6.1. Polemica anti-tirannica contro Antonio
5.6.6.2. Nelle età giulio-claudia e flavia l'élite intellettuale ricorre al teatro tragico per esprimere la sua opposizione al regime
5.6.6.3. Nella tragedia latina sono sempre state forti ispirazione repubblicana ed esecrazione della tirannide
5.6.7. Tematiche
5.6.7.1. Le vicende tragiche appaiono come scontri di forze contrastanti (specie nell'animo umano), opposizione tra mens bona e furor, ragione e passione
5.6.7.1.1. La ripresa di temi e motivi filosofici mostra la consonanza tra i due settori della produzione senecana, e fa supporre che io suo teatro sia un'illustrazione, attraverso exempla mitologici, della dottrina stoica
5.6.7.1.2. Tuttavia nelle tragedie è forte la matrice letteraria, e il logos non riesce a frenare le passioni e arginare il dilagare del male
5.6.7.2. Sullo sfondo di una realtà cupa e atroce lottano le forze maligne
5.6.7.2.1. Lo scontro investe il mondo intero, oltre alla psiche umana, il conflitto tra bene e male assume dimensione cosmica e portata universale
5.6.7.3. Il male emerge in particolare nella figura del tiranno sanguinario e bramoso di potere, chiuso a moderazione e clemenza, tormentato da paura e angoscia
5.6.7.3.1. Dibattito etico sul tema del potere
5.6.8. Modalità
5.6.8.1. La scarsità di notizie sulle tragedia non permette di stabilire se fossero destinate alla rappresentazione in scena o alla sola lettura nelle sale di recitazione
5.6.8.2. Macchinosità e truce spettacolarità, incompatibili con i canoni di rappresentazione nel teatro greco classico, più che smentire fanno presupporre la rappresentazione scenica: la sola lettura avrebbe limitato gli effetti ricercati nel testo drammatico
5.6.9. Stile
5.6.9.1. Il linguaggio poetico delle tragedia ha la sua base nella poesia augustea (Ovidio, Virgilio, Orazio)
5.6.9.2. Le tracce della tragedia latina arcaica appaiono in pathos esasperato, cumulo espressivo, frase sentenziose in rilievo
5.6.9.3. Il gusto retorico del tempo alimenta la ricerca delle sententiae, porta alla frammentazione dei dialoghi, alla costante ricerca della brevitas asiana
5.6.9.4. La retorica ariana appare in continua tensione, enfasi declaratoria, sfoggio di erudizione, tinte fosche e macabre
5.6.9.5. L'esasperazione della tensione drammatica è ottenuta con l'introduzione di digressioni, lunghe rispetto alla tradizione epica e tragica, che alternando i tempi dello sviluppo scenico isolano singole scene
5.7. Apokolokyntosis
5.7.1. O Ludus de morte Claudii o Divi Claudii apotheosis per saturam
5.7.2. Satira menippea sull'apoteosi dell'imperatore, del 54
5.7.3. Dal titolo fornito dallo storico Dione Cassio, sigifica deificazione della zucca
5.7.3.1. Emblema di stupidità, per la fama di Claudio
5.7.4. Parodia della divinizzazione di Claudio, decretata dal senato dopo la sua morte
5.7.4.1. Il fatto aveva suscitato ironia a corte e nell'opinione pubblica
5.7.5. Prendendo spunto da questo fatto Seneca dà sarcastico sfogo al risentimento per l'imperatore che lo ha condannato all'esilio
5.7.6. Claudio morto va all'Olimpo per essere assunto tra gli dei, che lo mandano agli Interi, diviene schiavo del nipote Caligola e poi del liberto Menandro
5.7.6.1. Contrappasso: aveva fama di essere tenute in pugno dai suoi liberti
5.7.7. Inizia con l'elogio dell'imperatore precedente
5.7.8. Alterna prosa e versi di vario tipo, accosta i toni piani delle parti in prosa e quelli parodicamente solenni delle parti metriche, con coloriture colloquiali e incursioni nel lessico volgare
5.7.8.1. Lo stile ha assonanze con la prosa filosofica di Seneca, arricchisce l'immagine della sua inventiva e versalitità
5.7.9. Cita versi con effetto di farsesco controcanto
5.7.9.1. La parodia letteraria è caratteristica genere menippea (Ennio, Catullo, Virgilio, Ovidio)
5.7.9.2. Passaggi famosi già usati dalla tradizione comica greca o composizioni centenarie che fanno io verso a epica e tragedia (anche una parodia di se stesso)